Confini – in bilico sul filo del sogno

C’è un territorio del reale fatto di cose materiali e solide, di oggetti e corpi manipolabili, suoni percepibili e odori annusabili, di animali e fiori scientificamente classificabili e di tempi perfettamente cronometrabili. C’è poi un regno dell’invisibile, dell’immateriale, dell’intangibile e dell’irreale che non per questo è meno vero, ma che non si dà immediatamente ai sensi e strumenti di captazione umani. É un regno dove altri corpi di luce di colore o di tenebra, suoni angelici o demoniaci, odori ultramondani, immagini perfette strambe o deformi, leggi fisiche aliene e temporalità plurime e plurali hanno il loro esistere naturale.È il mondo della metafisica, fatto a pezzi dal razionalismo dell’Umanesimo rinascimentale, dal Razionalismo dei Lumi, dal realismo romantico e dall’iperrealismo del mondo novecentesco, e che tuttavia, non si è riusciti a debellare semplicemente perché, come diceva Shakespeare, gli uomini stessi sono fatti della stessa sostanza dei sogni e pertanto spesso siamo soggetti alla tentazione di considerare astratte tutte queste realtà, mentre queste sono in verità più concrete di quelle fisiche. Anche le scienze naturali sono arrivate a ipotizzare una “materia invisibile” – la definizione è della fisica teorica Lisa Randall – che, secondo le stime, costituirebbe il 95% del nostro universo. Un universo di cui il visibile non sarebbe, quindi, che un piccolo “resto”. Quello dell’invisibile non è un mondo facilmente accessibile perché non si presta all’esplorazione a comando dettata dai nostri ritmi e bisogni spirituali. È un mondo di spirito che vive di vita propria e che, di tanto in tanto, si apre in spiragli da cui lascia colare il suo umore nel nostro quotidiano nutrendolo o avvelenandolo.E tuttavia è un mondo che si può tentare di esplorare stando piantati sulla sua linea di confine, in quella zona franca tra visibile e invisibile dove i due universi si interscambiano e vestono le forme del sogno. È un mondo che gli artisti sanno di dover attraversare come funamboli sospesi su una corda tesa per intuire le forme di quel magma che scorre sotto i loro piedi, ma stando ben attenti a non cadere e a restarne intrappolati, perché la loro missione è dare un corpo a quella visione immateriale. In questo senso l’artista è sempre un Prometeo che ruba il fuoco sacro della visione per donarlo agli uomini che con quel calore si scaldano, nutrono e vivono.

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2017,  Palazzo da Mosto, Reggio Emilia